nov 20

I controlli incrociati sono eseguiti tramite la verifica della posizione di un contribuente con quella di un soggetto diverso

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I controlli incrociati sono eseguiti tramite la verifica della posizione di un contribuente con quella di un soggetto diverso

Per comprendere come funzionano i controlli incrociati del fisco bisogna considerare che  ogni operazione imponibile  determina uno spostamento di denaro da una persona a un’altra:  si tratta di due soggetti diversi che, spesso, sono entrambi tenuti a comunicare detta operazione all’Agenzia delle Entrate.

Oggi a svolgere il lavoro di  controllo è  un software dell’Agenzia delle Entrate in grado di confrontare le varie comunicazioni fornite dai contribuenti, mettendole in risalto e rilevando eventuali anomalie.

I controlli incrociati vengono eseguiti in automatico  per cui non esiste contribuente che possa sfuggire: l’unico limite è ovviamente il termine di decadenza che ha l’Agenzia per eseguire i controlli e che sono di sette anni in caso di mancata dichiarazione dei redditi, oppure di cinque anni in caso di compensi non indicati nella dichiarazione dei redditi regolarmente presentata.

Le applicazioni dei controlli incrociati sono numerose. La principale di queste viene usata per stanare il fenomeno delle fatture false, fatture cioè emesse solo per ottenere sgravi, deduzioni e detrazioni fiscali, ma non corrispondenti a operazioni reali.

In passato, scoprire una falsa fattura era molto difficile e complesso, anche durante una verifica della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate.   Oggi, con i nuovi sistemi informatizzati, l’Agenzia Entrate ha una base di dati incredibili che le consentono di eseguire un controllo incrociato quasi immediato.

Infatti, ogni contribuente comunica tutte le fatture che ha emesso nei confronti di un soggetto e quest’ultimo, a sua volta, comunica all’Agenzia i dati delle fatture da lui ricevute. A questo punto il cervellone dell’anagrafe tributaria va a incrociare, con  una procedura automatizzata, tutti i dati dei soggetti che hanno l’obbligo di comunicazione: si fanno i controlli e si confrontano le fatture emesse e quelle ricevute. Il sistema crea così le cosiddette discordanze. Nel caso in cui ci siano discordanze rilevanti scattano i controlli fiscali.

Il sistema presenta però delle anomalie  o perché i dati comunicati dal contribuente siano errati, il che genera controlli inutili oppure perché il contribuente ritenga inutile o poco conveniente registrare una fattura e portarla dal commercialista, come  quelle di bassi importi, e ciò determina che da un lato la fattura viene comunicata (emittente) e dall’altro no (ricevente).

 

Un altro caso di controllo incrociato è quello legato alle spese mediche e a tutte le altre spese collegate a detrazioni fiscali. Il contribuente che esegue la spesa conserva lo scontrino o la ricevuta presentandola nella dichiarazione dei redditi. Se però il fisco non dovesse trovare il corrispondente nella dichiarazione dell’emittente, per quest’ultimo scatterebbe un accertamento. Il sistema informatizzato dei controlli incrociati, in questo modo, controlla chi deve registrare la fattura tramite chi la scarica.

Altro sistema molto efficace di controllo incrociato  è nel controllo delle ritenute  sulle fatture. Spesso chi paga un professionista deve trattenere una somma che versa all’erario; nel momento stesso in cui lo fa, deve comunicarlo allo Stato. Se il professionista non dichiara quel reddito il fisco, attraverso un controllo incrociato delle ritenute subite, lo viene a sapere immediatamente.

I controlli del Fisco sono aumentati anche a seguito delle comunicazioni delle liquidazioni trimestrali Iva, adempimento introdotto dal 2017, che ha consentito all’agenzia delle Entrate di controllare se quanto dichiarato a titolo di versamento Iva dovuto, per ciascun mese se contribuente mensile, o del trimestre se contribuente trimestrale, è stato regolarmente pagato. Ai contribuenti che non hanno eseguito il pagamento o lo hanno eseguito in misura inferiore, l’agenzia delle Entrate, nel mese di luglio ha inviato una comunicazione, cosiddetto avviso bonario o “lettera – compliance” per inviare il contribuente a ravvedersi.

 

Negli ultimi anni sono diventate più frequenti le lettere di compliance con l’invito al ravvedimento. Per evitare il contenzioso, Fisco e contribuenti dispongono degli strumenti deflativi, quali autotutela, accertamento con adesione,  anche detto concordato, mediazione e conciliazione.

Gli strumenti più importanti per evitare la lite o la prosecuzione di un inutile contenzioso sono l’accertamento con adesione, cosiddetto concordato, il reclamo mediazione e la conciliazione.

Ai questi strumenti, occorre aggiungere la disciplina dell’autotutela. Si tratta di strumenti che servono sia al Fisco sia al contribuente. In particolare: l’autotutela può prevenire o estinguere la lite;

l’adesione all’accertamento può scongiurare la controversia; il reclamo mediazione può evitare di presentare il ricorso; la conciliazione può estinguere la pendenza in corso.

Da più di due anni, il Fisco ha messo in campo anche le lettere compliance, con l’invito esplicito al contribuente di avvalersi del ravvedimento spontaneo: l’obiettivo è di instaurare un proficuo dialogo e favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari nell’ambito di un percorso di cambiamento dei rapporti tra Fisco e contribuenti.

Il ravvedimento può essere impiegato dal contribuente per regolarizzare le violazioni commesse in materia di tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate, fino alla scadenza dei termini di accertamento.