giu 26

Voluntary Disclosure

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Voluntary Disclosure

Era chiaro sin dal principio che la “voluntary disclosure” (collaborazione volontaria per il rientro dei capitali detenuti all’estero) prevista dall’art. 1 D.L. n. 4/2014 avrebbe avuto vita breve. All’attualità, infatti, la norma risulta soppressa ed è in cantiere una nuova proposta di legge recante misure per l’emersione ed il rientro dei capitali e per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale.

Tanto a causa dei numerosi problemi interpretativi legati al testo originario della norma, con conseguenti (ed inaccettabili) incertezze sia in relazione alla concreta tassazione dei capitali, che con riferimento alle conseguenze penali scaturenti “dall’autodenuncia”.

La disposizione – che, si rammenta, è stata soppressa, ma a norma dell’art. 1, comma 2 della legge n. 50/2014 “restano comunque validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti” -, in sostanza prevedeva che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione potesse avvalersi di una procedura ad hoc per l’emersione e la “regolarizzazione” delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato. A tal fine il soggetto avrebbe dovuto indicare “spontaneamente” all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, fornendo la relativa documentazione. Sull’autore della violazione gravava altresì l’obbligo di versare, in unica soluzione, le somme dovute all’Erario.

In tale ambito si inquadrava il primario beneficio derivante dall’attivazione della procedura di voluntary: riduzione al minimo edittale (o alla metà del minimo al ricorrere di determinate circostanze) delle sanzioni amministrative dovute per l’omesso versamento di imposta.

Tuttavia, come detto, le maggiori perplessità che hanno determinato uno scarso successo della procedura e la consequenziale necessità di una rivisitazione della norma, oltre ad attenere l’entità della tassazione sui capitali hanno riguardato gli effetti penali.

Sebbene il testo prevedesse l’esclusione della punibilità per i reati di “dichiarazione infedele” e di “omessa dichiarazione” (artt. 4 e 5 D.Lgs. 74/00), in relazione ai più gravi reati di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” e di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” è stata introdotta la sola diminuzione della pena fino alla metà.

Il che appare in palese contraddizione con la ratio legis sottesa all’introduzione della voluntary disclosure: secondo un orientamento che va consolidandosi, l’occultamento e/o il trasferimento di somme all’estero rappresentano “artifici” idonei ad integrare la condotta criminosa di cui all’art. 3 D.Lgs. 74/00 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e non quindi le fattispecie di omessa o infedele dichiarazione che sono sanzionate meno severamente. Il confine tra “dichiarazione infedele” (e quindi non punibile a seguito di autodenuncia) e “dichiarazione fraudolenta” è apparso ai più troppo labile e ha quindi scoraggiato l’attivazione della procedura di voluntary disclosure.

Si resta, pertanto, in attesa di convincenti novità in materia.

A cura di Luca Cellamare