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La restituzione della casa data in comodato al figlio per uso familiare

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La restituzione della casa data in comodato al figlio per uso familiare

Il caso riguarda il genitore proprietario di un immobile concesso in comodato al figlio il quale dopo qualche anno si separa.
In questo caso configgono due interessi: quello del proprietario e quello del coniuge assegnatario che ha ricevuto l’attribuzione proprio in ragione della tutela dei figli alla conservazione dell’habitat domestico.
La sentenza 29 settembre 2014, n. 20448 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, torna su un tema delicato quale il rapporto tra comodato di un immobile senza previsione di termine e il provvedimento di assegnazione in sede di separazione.
I giudici della Consulta, con la pronuncia hanno confermato l’indirizzo giurisprudenziale risalente al 2004: il comodato di un immobile, pattuito per la sua destinazione a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, deve essere configurato come comodato a termine di cui all’art. 1809 c.c., intendendo come termine la destinazione dell’immobile a casa familiare, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale.
Se il contratto ancorava la durata del comodato alla famiglia del comodatario, è giusto che questo perduri fino al venir meno delle esigenze della famiglia e solo le norme in tema di assegnazione –ex artt. 337 bis e segg. del codice civile – possono prevedere le condizioni per la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari che legittimano l’assegnazione della casa familiare.
Ne consegue che soltanto in caso di urgente ed imprevisto bisogno del comodante, può essere richiesta la restituzione del bene.
Il bisogno deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto e, inoltre, deve avere le caratteristiche dell’imprevedibilità e dell’urgenza e deve essere sopravvenuto rispetto alla cessione in comodato.
Pertanto, sia la necessità di uso diretto, sia il sopravvenuto deterioramento delle condizioni economiche, che obbiettivamente giustifichino la restituzione del bene anche ai fini della vendita o della locazione del bene immobile, legittimano il comodante a riavere il bene, anche se originariamente destinato a casa svolgere la funzione di essere adibito a casa familiare.
Nel caso di cui alla sentenza, il ricorrente non aveva formulato la richiesta di restituzione fondata su uno stato di bisogno, avendo svolto la domanda solo nel giudizio di secondo grado, sostituendola alla precedente domanda di rilascio prevista per il comodato precario, e quindi la Corte di appello ha correttamente dichiarato inammissibile la domanda nuova.
Anche la Cassazione ha rigettato il ricorso.