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La controversa questione dell’uso del cellulare sul luogo di lavoro

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La controversa questione dell’uso del cellulare sul luogo di lavoro

Un rilevante numero di sentenze sia della Cassazione che dei tribunali, confermano la legittimità del licenziamento del dipendente che utilizza il cellulare aziendale per fini personali.

È recente una pronuncia della Cassazione secondo cui si può licenziare in tronco, ossia per giusta causa e, quindi, senza preavviso, il dipendente che utilizza il cellulare aziendale in maniera spropositata, facendo telefonate a pagamento per 8mila euro, non inerenti il lavoro, a numeri a tariffazione non geografica, giustificandosi col fatto di essere depresso. Per i giudici, infatti, il dipendente avrebbe potuto sottoporsi a cure appropriate, anziché utilizzare uno strumento aziendale con relativo addebito economico sul datore.

E’ sanzionabile con il licenziamento la condotta del dipendente che usa il cellulare di servizio per inviare un massiccio numero di messaggi per scopi privati; il telefonino messo a disposizione del lavoratore da parte dell’azienda, infatti, non si deve considerare come un benefit ma come un vero e proprio “strumento di lavoro”.

Tali decisioni non prendono in considerazione il caso dell’uso del telefonino personale, ma solo quello assegnato dal capo per ragioni di servizio: a pesare di più sul giudizio negativo relativo alla condotta del dipendente non è tanto la perdita di tempo al cellulare, sottratto al lavoro, quanto il costo per l’azienda. Il che, con i nuovi contratti tutto incluso, farebbe anche venir meno il danno, visto che la bolletta resta sempre la stessa a prescindere dall’utilizzo del dispositivo.

Eppure non è così semplice tanto è vero che la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente che chatta su internet o perde intere giornate su Facebook. In un particolare caso la Cassazione ha ritenuto legittima la creazione, da parte del datore di lavoro, di un falso profilo Facebook attraverso il quale “chattare” con il lavoratore al fine di verificare l’uso da parte dello stesso del telefono cellulare durante l’orario di lavoro. Tale comportamento non si deve considerare vietato dalla Statuto dei lavoratori trattandosi di un’attività di controllo che non ha ad oggetto l’attività lavorativa ed il suo esatto adempimento ma l’eventuale perpetrazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, idonei a ledere il patrimonio aziendale sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti.

Da questa decisione è possibile intuire che non è solo la bolletta elevata a giustificare il divieto dell’uso del cellulare al lavoro ma anche l’impiego del tempo in forma massiccia, da parte del lavoratore   che invece dovrebbe essere usato per svolgere le normali attività retribuite.

In un’altra sentenza del Tribunale di Milano i giudici ritengono legittimo il licenziamento disciplinare irrogato al lavoratore che utilizza il telefono cellulare aziendale in maniera impropria al di fuori delle finalità istituzionali e per scopi futili in danno economico del datore di lavoro, per di più destinando a tale pratica una parte dell’orario di lavoro. È proprio quest’ultimo passaggio che fa intuire come ben possa il datore di lavoro vietare l’uso del cellulare durante le attività.

Ma il divieto di usare il cellulare è una cosa, il divieto di portarlo con sé sul luogo di lavoro o di tenerlo acceso è un’altra. Difatti, da un lato, il datore di lavoro non può eseguire perquisizioni sui dipendenti. Dall’altro, anche a voler scrivere un cartello con l’indicazione “è vietato il cellulare al lavoro”, il rispetto del divieto poi non potrebbe mai essere verificato in via preventiva con ispezioni sui vestiti o nelle borse dei dipendenti.

Anche per il tempo dedicato al cellulare bisognai effettuare una valutazione sulla base delle mansioni affidate al dipendente: se una guardia giurata si distrae al cellulare è un comportamento di una certa serietà; un po’ meno invece se la stessa condotta la pone in essere un impiegato.