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Il gestore di un locale che fa musica dal vivo può incorrere in un reato se disturba la quiete pubblica

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Il gestore di un locale che fa musica dal vivo può incorrere in un reato se disturba la quiete pubblica

Nel periodo estivo spesso vengono ignorate le ordinanze dei sindaci che tentano di tenere a bada chi esagera con rumori e schiamazzi molesti dopo una certa ora.

Sul tema interviene di nuovo la Cassazione per precisare quando rischia il gestore del locale se i vicini avvertono degli insopportabili rumori sotto casa: si definisce disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, punito dal Codice penale.

Non è scontato che si possa ospitare della musica dal vivo nel proprio locale: per la musica dal vivo ci vuole un permesso e non soltanto da parte della Siae.

Il gestore del locale se i rumori che disturbano i condomini sono provocati da un complesso, rischia quando non ha l’autorizzazione per organizzare delle manifestazioni o eventi con diffusione di musica o con l’utilizzo di strumenti musicali fino a tarda notte ma soltanto per la somministrazione di bevande e alimenti. Nel caso , la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la condanna del titolare di un locale pubblico per disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Il gestore non solo aveva ospitato della musica dal vivo fino a tardi senza autorizzazione ma tale attività si era svolta in ambito condominiale creando rumori in grado di turbare la quiete dei vicini.

Il gestore del locale che provoca dei rumori sotto casa dei condòmini con la musica ad alto volume può incorrere in un illecito amministrativo se supera i limiti di emissione del rumore fissati dalla legge, nel reato previsto dal Codice penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda quando l’attività viene svolta superando le normali modalità di esercizio in modo da realizzare una condotta idonea a turbare la quiete pubblica.

Il gestore, dietro presentazione di un esposto da parte dei condòmini, rischia anche il sequestro preventivo del locale fino a quando non verrà debitamente insonorizzato e messo in regola.

Perché il disturbo della quiete pubblica diventi reato è necessario che la condotta possa creare un concreto fastidio a diverse persone e non a una sola: i rumori sotto casa, dunque, devono essere in grado di disturbare più vicini e, trattandosi di un reato di pericolo e non di danno, non occorre la prova del disturbo ma la semplice dimostrazione del fatto che la condotta sia tale da poter disturbare un numero imprecisato di persone.

Quando i rumori sotto casa siano provocati non solo dalla musica ma dagli schiamazzi provocati dai clienti che ridono e urlano senza ritegno fuori dal locale senza che nessuno chieda loro di abbassare la voce e di rispettare la quiete dei vicini:   il gestore rischia   quando non interviene per tenere a bada i suoi clienti.

Così ha deciso il Tar di Reggio Emilia con una recente sentenza. Il Tribunale amministrativo, infatti, ritiene legittima l’ordinanza del sindaco che punisce la condotta di chi permette ai propri clienti di sostare sul marciapiede o sulla carreggiata esterna al locale alzando la voce e disturbando il vicinato, oltre ad intralciare il passaggio di pedoni e di veicoli.

Per il Tar non c’è nulla da eccepire ad un eventuale verbale della Polizia municipale in cui si accerta la responsabilità del gestore del locale in caso di clienti troppo vivaci non invitati ad abbassare i toni. Così come è lecita l’eventuale ordinanza del sindaco che limiti l’orario in cui è possibile somministrare bevande alcoliche.

Questa sentenza afferma un principio diverso con quella precedente del Tar della Lombardia secondo cui è compito del Comune e non del gestore del locale che provoca i rumori sotto casa controllare la clientela per evitare le notti insonni dei condomini. Secondo i giudici lombardi, infatti, l’area su cui sostano gli avventori al di fuori del bar o del ristorante è di proprietà dell’amministrazione locale e, di conseguenza, è quest’ultima a doversi occupare di ciò che succede nel proprio territorio.