lug 10

Abbandono o allontanamento dal posto di lavoro: quando scatta il licenziamento

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Abbandono o allontanamento dal posto di lavoro: quando scatta il licenziamento

L’allontanamento momentaneo dal lavoro potrebbe determinare la perdita del posto di lavoro: la tesi è della Cassazione con una sentenza recentissima.

La giurisprudenza ha sempre posto una linea di demarcazione tra abbandono del posto di lavoro e semplice allontanamento.

L’abbandono del posto di lavoro è caratterizzata dal comportamento definitivo: è il caso del dipendente che esce prima dell’orario di chiusura o che entra e, dopo aver timbrato il cartellino, si reca altrove senza più tornare in azienda.

L’allontanamento dal posto di lavoro è invece sempre momentaneo e caratterizzato dalla temporaneità: è il caso del dipendente che si assenta per qualche minuto per andare al bar o che si reca in banca a prelevare una pensione per poi tornare in azienda.

L’orientamento della Cassazione è sempre stato quello di ritenere l’abbandono del posto di lavoro più grave del semplice allontanamento. Quest’ultimo non configurerebbe una causa di licenziamento.

Al contrario l’abbandono potrebbe essere una giusta causa di licenziamento, ma non sempre; lo sarebbe solo se possa derivare un pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza dei beni come per esempio un dipendente addetto alla sorveglianza di un macchinario particolarmente pericoloso o al guardiano di un reparto di un supermercato con compiti di controllo anti-taccheggio oppure al dipendente ha mansioni di custodia o sorveglianza come guardia giurata di un istituto di credito.

Con la recente sentenza la Cassazione adotta un’interpretazione più rigorosa riconoscendo la possibilità di licenziamento anche nel caso di semplice abbandono del posto di lavoro. Ma tale ipotesi è confinata ai casi più gravi. In particolare, il giudice, prima di convalidare il licenziamento impugnato dal dipendente che si è assentato momentaneamente deve prima valutare due circostanze.

Sul piano oggettivo, e cioè come «totale distacco dal bene da proteggere»: tanto più è vicino il luogo ove si è recato il dipendente rispetto all’azienda ove svolge l’attività, tanto meno grave è la sua condotta. Il fatto di poter “controllare a distanza” il proprio posto e poter intervenire in qualsiasi momento di richiamo o di necessità rende la condotta, pur sempre illecita, non passibile di licenziamento.

Sul piano soggettivo, da intendersi quale “coscienza e volontà” dell’abbandono, “indipendentemente dalle finalità perseguite”. È cioè irrilevante il motivo dell’allontanamento.

Il giudice deve quindi tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, nonché di eventuali precedenti disciplinari del lavoratore, al fine di stabilire se il comportamento di quest’ultimo sia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento. Solo se il dipendente dimostra una scarsa inclinazione all’attuazione delle direttive del datore e degli obblighi contrattuali, secondo diligenza e buona fede, potrebbe scattare il licenziamento;

In ogni caso va sempre valutata sia la durata dell’allontanamento che la reiterazione del comportamento . In altre parole, per l’allontanamento dal posto avvenuta in una sola occasione o comunque sporadicamente non si può essere licenziati. Per quella di più giorni, invece, bisognerà valutare l’indole del dipendente.